PFF
COLLEZIONI

24 Giugno
Giovedì 24-06-2021
ore 15:30
Teatro Sperimentale - Sala Grande

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Michele Bernardi

CORTI IN MOSTRA - PERSONALE MICHELE BERNARDI

Italia

NON MI MANCA NIENTE (Italia, 2007, 6'10”)
TINNITUS (Italia, 2008, 5'40")
SENZA TESTA (Italia, 2010, 5'20")
DJUMA (Italia, 2012, 4')
LOST IN EMOTIONS (Italia, 2015, 3’50”)
VENDITORI AMBULANTI (Italia, 2015, 5')
FOR PINA (Italia, 2015, 4'55")
MERCURIO (Italia, 2018, 9’55”)

Incontro con l’autore a cura di Pierpaolo Loffreda


Michele Bernardi

Sono due le caratteristiche che emergono subito dai film di Michele Bernardi: l’ecletticità e l’esperienza. Quest’ultima è maturata in molti anni di lavoro e di applicazione dell’arte del disegno (nel quale Michele è un maestro), dell’animazione e dell’organizzazione di testi complessi, multimediali. Una pratica insieme libera e metodica, sviluppata accanto a maestri del livello di Altan e di Osvaldo Cavandoli, ma anche in relazione con suoi coetanei emersi dall’atmosfera di creatività – artistica, poetico-letteraria, musicale, teatrale, della cultura cinematografica – che si respirava in Emilia (fra Bologna e Modena, soprattutto) al volgere del decennio dei ’70 e nei primi anni ’80.

Di quel clima rimane molto (il meglio), a nostro avviso, nella produzione originale dell’autore in questi ultimi 15 anni, dopo decenni dedicati al lavoro (produzioni altrui, sigle, pubblicità, videoclip, anche dotati di grande spessore creativo): la dimensione artigianale unita a quella dell’avventura, la capacità di mettersi sempre in discussione, di non dare nulla per scontato.

Dopo il videoclip narrativo – onirico e stilizzato – Non mi manca niente, realizzato per un brano dei Tre Allegri Ragazzi Morti, il suo primo film concepito autonomamente, e molto personale, è lo splendido, sconcertante Tinnitus, suddiviso inizialmente in due parti. Viene posta qui la questione dell’identità del soggetto, non più semplicemente in bilico, ma stravolta da forme mutevoli, a partire da un singolo momento, iniziale della quotidianità: il radersi di fronte allo specchio, che, come ci ha insegnato The Big Shave di Martin Scorsese nel 1967, può non essere affatto un’azione neutra e innocua… Infatti da qui si dipartono, letteralmente, tangenti impreviste, che portano alla scomposizione della soggettività, verso l’urlo e la follia, ad un ritmo ossessivo, incalzante.

Diversi regni naturali – umano, animale, vegetale – si fondono, mentre i corvi incombono, fino ad ingombrare i pensieri, il cuore, l’esistenza, e migliaia di piccoli insetti si inseguono nelle gallerie delle vene e delle arterie, in una sintesi visiva allucinata e monocromatica. La deformazione/alterazione della percezione della realtà riprende, su un altro piano – quello dell’abitare la paura – nella seconda parte del film, fino a generare un incubo nero, dal quale non ci si può sottrarre. Si avvertono le influenze della poetica di Lynch, soprattutto di Strade perdute e Mulholland Drive, e si respira lo spirito inventivo della stagione di «Cannibale» e di «Frigidaire», come notavamo. Grande libertà espressiva e altrettanta inquietudine. Diverso, ma pure sconcertante, è Senza testa: un racconto allucinato, con umani (a loro agio, dopo aver perso il cervello), disumani (i repressori in azione e gli indifferenti) e invertebrati, accomunati nello stesso destino: la catalogazione e l’ammasso. Le teste cadute dai corpi verranno inviate a un’altra destinazione. Con Djuma Bernardi cambia registro.

Ci troviamo in un ambiente post apocalittico, a seguire le scorribande furiose di un ragazzo selvaggio che vive con un branco di lupi. Lui è uno di loro, ma in più ha una ferocia distruttiva tutta umana: il gusto del cupio dissolvi, della devastazione incendiaria e della rivolta anche contro lo spirito collettivo, da cui deriva la scelta della solitudine. La metamorfosi è quella della licantropia: in un senso e nell’altro, e lo specifico dell’umano può volgersi in quello della bestia, in un mondo che perde i colori per assumere solo quelli della notte, del fuoco e del sangue. Lost in Emotions è invece sognante e malinconico come un viaggio solitario in treno, mentre al finestrino si accampano pensieri, ricordi, figure lontane. E desideri di librarsi più in alto, o di nuotare nella profondità. Pensieri sospesi.

Anche qui la musica e i suoni hanno un forte segno evocativo, che accompagna il racconto. Venditori ambulanti dà vita attraverso le immagini disegnate – aspre, ruvide – a un brano del musicista e performer Alfio Antico, ricercatore e interprete della musica popolare siciliana, di cui reinventa lo spirito. Qui abbiamo una bicromia rosso/nero dai forti contrasti, per suggerire qualcosa della mitologia dei pastori, basata anche sulla presenza del Demonio delle campagne (una tradizione presente anche in altre parti d’Italia, e forse del mondo occidentale, se pensiamo a come vengono rappresentati da secoli i piedi del diavolo). For Pina è uno straordinario omaggio a Pina Bausch, in forme mutevoli disegnate sui movimenti, sul volto, sul corpo e sulla presenza dell’artista, in diverse fasi della sua vita, e Mercurio, infine, è un racconto per immagini denso, corposo, condotto grazie ad un disegno di grande fascino. È il film – dalla struttura articolata e complessa – che ha fatto conoscere e apprezzare Michele Bernardi ovunque, e che parte, anche qui con autentica sincerità, da un ricordo di famiglia.

Pierpaolo Loffreda

Michele Bernardi

Il regista e animatore Michele Bernardi nasce nel 1958 a Finale Emilia e compie i primi passo nel mondo dell'animazione presso lo Studio Secondo Bignardi e GLM a Modena (Pimpa di Altan e La Linea di Cavandoli).

Arriva al festival di Annecy nel 2012 con Djuma, e va in concorso ad Animafest (Zagabria), Animateka, Anibar, Fest Anca, Anima Mundi, ReAnima e tanti altri. Mercurio, oltre a numerose menzioni speciali, vince il premio per miglior corto animato ad Animaphix. È finalista ai Nastri d'argento e semifinalista ai David di Donatello.

Ha creato gli spot commerciali di Barilla Mulino Bianco, Nestlé, Istat, Pomellato, Zanotta e Rai Tre "Viva la Crisi", Fondazione Ayrton Senna. Ha realizzato una cinquantina di video musicali, fra cui quelli per Tre allegri ragazzi morti, Luca d’Alberto, Le luci della centrale Elettrica, Colapesce, Punkreas, 24 grana, Prozac+, The Zen Circus, Alfio Antico, Teresa De Sio, Extraliscio e altri ancora.

Nell'estate del 2020 ha realizzato le animazioni per il documentario di Alessandro Preziosi La legge del terremoto.

Dal 2019 insegna animazione digitale all'Accademia delle Belle Arti di Palermo. Altri riconoscimenti: Bit Movie (Riccione), Jazz bit di Turku (1994, Finlandia), Foreign Animation Silver Award (13th Shanghai Television Film Festival, 2006).

FILMOGRAFIA

Non mi manca niente, 2007
Tinnitus, 2008
Senza testa, 2010
Djuma, 2012
Lost in Emotions, 2015
Venditori ambulanti, 2015
For Pina, 2015
Mercurio, 2018

VIDEOCLIP ANIMATI   ANIMATED MUSIC VIDEOS
GIANNA NANNINI -L'ARIA STA FINENDO (2020)
EXTRALISCIO- SBAGLIATO (2020)
EXTRALISCIO- GIRAGIROGIRAG (2020)
BILLIBRASS- CALL (2018)
ALFIO ANTICO -VENDITORI AMBULANTI (2015)
COLAPESCE -REALE (2105)
COLAPESCE - RESTIAMO IN CASA (2012)
GIANNI MAROCCOLO- ALONE (2018)
GIANNI MAROCCOLO- THE ABYSS (2019)
GIANNI MAROCCOLO- STORIA DI LOLETTA (2019)
GIANNI MAROCCOLO- SOGNANDO (2020)
GIANNI MAROCCOLO- TSERVI DEI SERVI(2020)
LUCA D'ALBERTO-FOR PINA (JULY 27, 1940-2015) (2015)
LUCA D'ALBERTO, RAY CHEN- OMAGGIO A BACH (2016)
TESTAINTASCA -IL GIORNO IN CUI NON SONO NATO MAI (2015)
THE ZEN CIRCUS -IL NULLA (2015)
THE ZEN CIRCUS- PUNK LULLABY (2008)
PACIFICO - IN COSA CREDI (2013)
VOV - AMARSI A GOMORRA (2012)
LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA - QUANDO TORNERAI DALL'ESTERO (2010)
LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA - I DESTINI GENERALI (2014)
LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA - LE RAGAZZE STANNO BENE (2014)
LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA - LA LOTTA ARMATA AL BAR (2008)
LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA - PER COMBATTERE L'ACNE (2008)
PROZAC+ - SONO UN'IMMONDIZIA (2008)
GIORGIO CANALI - FALSO BOLERO (2007)
24 GRANA - STAI MAI CCA' (2006)
SENOR TONTO – FORTUNELLO (2006)
MELT - L'INTENSITA' STANDARD (2005)
OTTO HOM – DOMANI (2005)
PUNKREAS - VOGLIO ARMARMI (2003)
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI -QUASI ADATTI (2003)
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI - OGNI ADOLESCENZA (2002)
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI - OCCHI BASSI (1999)
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI - BENGALA (2018)
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI - NON MI MANCA NIENTE (2007)
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI - FRANCESCA HA GLI ANNI CHE HA (2007)
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI - FRANCESCA HA GLI ANNI CHE HA (2005)
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI - ALLE ANIME PERSE (2012)
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI - COME MI GUARDI TU (2012)
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI -SIGNORINA PRIMAVOLTA (2004)
TARM & ABBEY TOWN JAZZ ORCHESTRA – VOLO SULLA MIA CITTA' (2015)
THE UMAAN – UNA SOLA VESTE (2017)
TERESA DE SIO- SAREBBE BELLISSIMO (2019)
TERESA DE SIO- PURO DESIDERIO (2019)
CHRISTIAN FROSIO- APRI LA FINESTRA (2018)
B R FRULLI-TOMMASO CERASUOLO- DOVE DORME LA LUNA DI GIORNO (2018)

Michele Bernardi
Intervista

Hai una lunga esperienza e una grande maturità espressiva. Vuoi raccontarci il tuo percorso?

Vengo da una famiglia che, pur avendo una cultura profondamente popolare e contadina, ha sempre guardato all'arte, pur se inconsapevolmente.

Non ho un percorso di studi artistici, nessuna scuola d'arte, nei primi anni ‘80 ho abbandonato il corso di Lingue e letterature straniere all'Università di Bologna per seguire un corso di animazione, forse il primo in Italia, che si teneva nello studio di Secondo Bignardi a Modena. Era uno degli studi nati dalle ceneri della Paul Film di Campani, famosa per gli spot di Carosello. Si respirava l'aria di Carosello, volteggiavano i nomi di Governi e Max Garnier, di De Maria, Zavrel, Bonvi, Pratt e Supergulp. In quel periodo miei compagni di banco erano il compianto fumettista e amicissimo Giampaolo Chies e per qualche mese anche Silvia Pompei che poi lavorerà in Roger Rabbit, Fievel e definitivamente nella serie dei Simpson.

Dopo il periodo di Bignardi, nel 1981/82 ho avuto la grandissima fortuna, e ripeto grandissima, di entrare nello studio modenese GLM, dove partiva la realizzazione della prima serie della Pimpa di Altan prodotta dalla Rai e Quipos. Lì ho lavorato per un paio d'anni come animatore, pur non avendo nessuna esperienza reale precedente. E in quei mesi ho deciso che la mia passione sarebbe diventata anche la mia professione. Purtroppo per tantissimi anni la Pimpa fu anche l'ultima produzione di film animati della Rai.

Sono gli anni antecedenti alla fine della pellicola, della moviola e del 35 mm, del rodovetro e dei colori acrilici che puzzavano di muffa. Negli anni successivi, dai primi anni ‘90 fino alla fine del secolo, c'è il lento passaggio dalla pellicola al digitale, faticoso e difficile, che rappresenta, secondo me, un periodo veramente nero dell’animazione italiana. Da quei primi anni ‘90 ricomincia la mia evoluzione “artistica” e per questo mi considero ancora e sempre un autodidatta, men che meno un artista.

 

Quali autori – nell’arte visiva, del cinema, dei fumetti, del teatro, ecc. - pensi che ti abbiano più influenzato, o dai quali hai ricevuto più suggestioni?

Posso dire che da piccolo odiavo Topolino ma lo leggevo, perché girava per casa. Preferivo i Peanuts. Non ho mai amato i super eroi, ma mi meravigliavano le tavole dei vari Milton Caniff, Jack Kirby, John Buscema: da rimanere a bocca aperta! Poi Magnus, Pratt, Moebius ecc... con Pazienza piango ancora.

Cinema? Il fantasy non posso proprio vederlo. Fellini, Jarmusch, Lynch, Herzog, Kurosawa... ma ce n'è troppo e bello! Mio figlio mi contesta che mi piace solo il bianco e nero... L'animazione? Di animazione americana degli anni ‘60/’70 ne ho vista troppa, l'ho forse sublimata. Troppo facile parlare di Miyazaki adesso, o del cinema d'animazione sperimentale degli anni ‘60: McLaren ecc...ecc... Il cinema d'animazione mi piace tutto, soprattutto quando racconta; quando è evanescente o puramente artistico o poetico mi annoia. Però posso dire che ho sempre guardato con ammirazione alcuni artisti italiani, va beh oltre ai vari Bozzetto, Manuli, DeMas, Cavandoli, ma i miei quasi coetanei, Manfredo Manfredi, penso sia il maestro di tutti noi, e poi Toccafondo e Catani, che conoscete bene...

 

Come si è svolta la tua collaborazione con Altan? E con Cavandoli?

L'incontro con Altan e Cavandoli viene ovviamente nel periodo in cui lavoravo alla GLM a Modena, durante la realizzazione della Pimpa.

Per tutti era una novità: la Pimpa era totalmente da inventare, quindi non c'era persona migliore di Cavandoli per la direzione della serie. Altan passava a Modena per la supervisione circa ogni due mesi, mentre Cavandoli veniva in studio molto più spesso per presentarci le nuove puntate. Già amavo incredibilmente la rivoluzionaria Pimpa per averla letta su «Linus». La Linea la adoravo per gli spot pubblicitari. I due autori avevano caratteri completamente diversi tra loro, ma io tremavo solo a guardarli.

Ti mettevano poi a tuo agio. Altan apprezzava sempre le “interpretazioni” dei movimenti dei suoi personaggi. A Cavandoli bastavano pochi minuti per farti morire dalle risate.

Finita la serie della Pimpa, ho poi avuto un ulteriore bonus di fortuna quando ho avuto la possibilità, questa volta però lavorando a casa, di realizzare cinque o sei puntate proprio della Linea di Cavandoli.

 

Hai lavorato molto nella pubblicità. Ce ne puoi parlare?

La pubblicità è un tema dolente, davvero difficile... faccio fatica a ricordarmi qualcosa di cui andare davvero fiero, totalmente fiero di quello che ho fatto. Ho realizzato diversi spot pubblicitari, dalla Barilla/Mulino Bianco alla Nestlé, dallo spot istituzionale Istat alla sigla del festival di Sanremo (orrendo) ma anche altri ancora di cui potrei confondere i nomi.

Mi hanno lasciato veramente molto poco, se non tanto stress e denaro... Non mi sento adatto alla pubblicità e viceversa. Forse l'unica pubblicità che mi piace ricordare, sempre che si possa chiamare pubblicità, la feci diversi anni fa per la fondazione Ayrton Senna, che si occupa di dare istruzione ai bambini indigenti brasiliani. Oltre alla giustezza del messaggio mi fu data la massima libertà creativa. Il massimo che si possa chiedere.

 

E per i videoclip musicali? Come hai collaborato con gli autori-esecutori?

I video clip animati nascono lontanissimo. Il mio è stato un incontro quasi casuale, nel 1998. A pranzo con Igort, a Bologna, si aggiunse Davide Toffolo, già famoso fumettista e leader dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Davide mi chiese in seguito di realizzare un suo primo videoclip animato, Occhi bassi, che realizzammo in stretta collaborazione nel ‘99 circa. Da quel momento per i Tre Allegri e per altri gruppi della loro casa discografica, La Tempesta, ho realizzato quasi una trentina di video clip. Davide mi ha insegnato tantissimo, soprattutto la libertà di guardare e raccontare storie. Difficile da fare con lui, che è un disegnatore straordinario e un artista eclettico, ma il tempo mi ha aiutato.

E in effetti mi sono emancipato, sono riuscito a realizzare videoclip anche molto distanti dall'immaginario suo, molto più personali e autoriali ma sempre tenendo presente come guardare le cose, rovesciarle e poi rovesciarle ancora, staccarsi e ritornare.

Non ho lavorato con nessun musicista o artista che mi abbia detto: questa è la sceneggiatura, vuoi farmi il video?

A Vasco Brondi - Le Luci della centrale elettrica, Colapesce, Teresa DeSio, Nannini, Extraliscio, Pacifico, e a tutti gli altri ho chiesto sempre la massima libertà, e sempre me l'hanno lasciata. L'importante nella realizzazione di un videoclip è di accompagnare l'emozione di un brano musicale senza didascalia, e nello stesso tempo di “raccontare” altro, in sintonia. Questa è la mia ricetta, ma forse vale solo per me.

Dal ‘99 ad ora ormai sono più di 50 i videoclip che ho realizzato. Qualcuno funziona ancora bene, altri meno, ma per me sono sempre stati una palestra per sperimentare qualcosa, e per questo non sento l'urgenza di realizzare corti per festival, molto spesso sono gli stessi videoclip che appagano questo mio desiderio. Hai qualcosa da raccontare? bene, lo puoi fare. Così per For Pina o Venditori ambulanti o i quattro videoclip animati basati sulle illustrazioni del bravissimo Marco Cazzato per Maroccolo, o per Call di Berio dei Billibrass o Una sola veste degli Umaan, ma un po' tutti in generale.

Il videoclip ti mette alla prova anche fisica, non mi è mai successo di avere più di un mese e mezzo di tempo per la realizzazione, così i 3/4 minuti di un brano musicale ti costringono al massimo della concentrazione sia creativa che realizzativa. Entri in un frullatore esistenziale.

 

Nei tuoi film si riscontra una grande versatilità e complessità di linguaggio. Puoi parlarci delle tue modalità espressive?

Non ho mai un immaginario unico che guida i miei lavori. So per certo una cosa: quello che mi interessa veramente, anche se banale, è raccontare..., storie vere, intime o inventate, ma vere. Non mi interessa la poesia: se c'è, allora arriva. Non ho questa ambizione. Come per il resto i mezzi che uso: sono solo mezzi, strumenti, non ho la fissa della carta o del digitale, al “bel” disegno preferisco la dinamica e il movimento.

 

Che ruolo ha assunto per te l’insegnamento all’Accademia di Belle Arti?

Da qualche tempo insegno all'Accademia delle Belle Arti di Palermo, anche se come docente esterno. Inizialmente non ero molto sicuro della decisione presa; non era la prima esperienza di questo tipo ma pensavo che avrebbe tolto tempo per me, per i miei lavori. Adesso sono contentissimo, sono io che imparo ogni giorno, e il confronto con ragazzi che potrebbero essere miei figli mi mantiene attento e ogni volta mi resetto, mi aggiorno.

Quello che faccio in definitiva è raccontare la mia esperienza, infondere coraggio e creatività. Nella animazione non ci sono regole, principi, come si chiamano adesso, ma intuizione, osservazione, e appunto creatività. Sono davvero molto contento quando qualche mio “allievo” si trasforma in professionista, vuol dire che ho ben lavorato, e non sono pochi.

Finalmente in Italia da qualche anno le scuole di animazione come quelle di Torino, Urbino, le Accademie di Belle Arti e anche tutte le altre stanno diventando palestre e botteghe importanti per le nuove generazioni di animatori, e, anche se lentamente, si stanno avvicinando a quelle più rinomate transalpine.

 

Che prospettive pensi possano esserci (o che strade dovrebbero essere aperte, con quali modalità) per il cinema d’animazione d’autore, oggi in Italia? E per un/una giovane alle prime armi? Che consigli daresti?

In Italia è ancora complicatissimo, difficile raccontare a un interlocutore estraneo che lavoro faccio. Sembra che questo mestiere sia solo per pochi. La televisione statale si preoccupa e occupa ancora pochissimo di animazione, d'animazione d'autore ancora meno. Qualcosa si sta muovendo grazie ai festival di animazione o di cinema in generale, che ci stanno aiutando davvero tanto, tantissimo, per la passione di pochi.

Ai giovani in generale dico quello che dico ai miei studenti: l'animazione è fatica, tanta fatica e passione. Bisogna avere passione e tanta creatività. Mai legarsi alle mode del momento. Alla fine a loro dico sempre: se ce l'ho fatta io, potete farcela anche voi.

 


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